Quand’ero bambino mi divertiva collezionare francobolli, sia nuovi che usati, che conservavo all’interno di preziosi quaderni rivestiti in finta pelle. Mi piaceva osservare quelle piccole immagini, vere e proprie opere d’arte racchiuse all’interno dei loro sottili dentelli, fragili ed elaborate cornici di carta. Ma in particolare, quello che mi ha sempre affascinato, è il fatto che queste micro opere sono pensate per viaggiare all’interno di un mobile spazio eccezionale: la cartolina.

È un errore pensare all’architettura come quell’attività legata esclusivamente alla costruzione di edifici, ma è molto di più. L’architettura è essenzialmente creazione e costruzione di spazi come luoghi di dialogo e di relazione. Un museo in particolare è uno spazio di relazione, dedicato all’esposizione di opere e documenti che si ritengono di notevole importanza. Sotto quest’ottica la cartolina credo che sia un esempio di architettura unica nel suo genere, un micro museo bidimensionale del quale siamo noi stessi artefici. Un intimo micro museo “privato” tra due persone specifiche: il mittente ed il destinatario, dove mittente diventa il curatore del museo ed il destinatario il visitatore privilegiato del micro museo.

Un museo gassoso che presenta nella sua conformazione due spazi: uno esterno, legato all’immagine che accompagna la cartolina, ed uno interno vuoto pronto per essere riempito.

Il suo esterno, come avviene per i suoi cugini più grandi, cerca sempre in tutti i modi essere spettacolare, complesso, per divenire memoria di una comunità molto ristretta. A differenza dei suoi cugini, però è per certi versi più saggio, sa bene infatti che il vero valore di un museo non è mai il suo contenitore, ma ciò che racchiude. Per questo sceglie sempre di esporre subito al proprio esterno l’opera più importante e rappresentativa della sua collezione, lasciando poi a noi, quali curatori e artisti temporanei, il compito di riempire il suoi spazi interni.

È il suo interno infatti lo spazio più interessante, uno spazio intimo composto da due sale: una dove ha sempre luogo una mostra interattiva e performativa, in cui ognuno di noi può lasciare un messaggio o un piccolo disegno. L’altra sala è invece dedicata ad un’opera visuale, il francobollo.  Il francobolli sono in questo senso dei veri e propri piccoli quadri da ammirare nella loro sala privata, sempre diversa a seconda della cartolina nella quale vengono inserite. Sotto quest’ottica, fino a quando la cartolina non viene compilata e non presenta un destinatario, è come se il museo fosse in “allestimento” in attesa di essere “aprire” le sue sale al suo “speciale” visitatore.

In questo senso la cartolina altro non è che una vera e propria micro architettura, uno spazio di relazione, il dispositivo mobile di un gassoso e riservato micro museo nomade, un luogo dove il viaggio, la memoria, i testi e le immagini, sono in grado di raccontare delle storie emozionali sempre inedite e imprevedibili.