DALLA CAPANNA ALL’OMBRELLO – Nel 1755 l’abate Marc-Antonie Laugier (1713-1769) pubblica il suo “Essai sur l’architecture” (Saggio sull’architettura), in cui espone un’idea di architettura universale che ritrova nella natura e nella ragione le basi per un sistema di regole fisse ed universali. Il saggio ebbe in breve tempo un grande successo in tutta Europa, divenendo un testo di riferimento per gli architetti dell’epoca. Particolare successo ebbe l’iconica illustrazione del frontespizio dell’artista francese Charles Eisen, che ci mostra l’idea di archetipo del tempio classico usando come riferimento una “capanna primitiva”, costituita da alberi e fronde. Un modello minimale dove gli alberi radicati nel terreno simboleggiano la colonna classica, mentre i rami intrecciati tra loro rappresentano l’antecedente del timpano e della copertura del tempio classico.

Guardando oggi questa immagine ci trasmette l’idea di una società e di un modo di pensare l’architettura e la città come un’entità radicata in un territorio preciso a cui appartiene, come un albero appartiene alla terra in cui nasce. La società contemporanea già da tempo non si identifica più con questi valori, se volessimo quindi rileggere la capanna di Laugier in chiave contemporanea, come la interpreteremmo? Quale può essere l’archetipo della capanna contemporanea della nostra società gassosa? 

Senza dubbi non faremo riferimento ad una capanna che vede nell’albero il suo protagonista, ma peseremmo a qualcosa di mobile e leggero, legato alla nostra quotidianità, con cui tutti possiamo interagire, una struttura sempre aperta, senza un’entrata o un’uscita determinata e priva di qualsiasi valore politico ed istituzionale. In questo senso l’ombrello può rappresentare perfettamente l’ideale della nuova “capanna” contemporanea. L’ombrello con le sue caratteristiche tecnologiche e spaziali genera una copertura mobile tecnologicamente ineccepibile, forse un po’ fragile, ma senza alcun dubbio efficiente. Nell’ombrello il suo spazio geometrico coincide perfettamente con il suo spazio antropico, determinando un’architettura sostenibile dal design perfetto e funzionale.

Anche se distante secoli, il suo legame col passato rimane. Se nella capanna primitiva di Laugier l’albero simboleggiava la colonna classica, nella nostra capanna contemporanea l’asta dell’ombrello rappresenta il nuovo archetipo della colonna classica.  Non più quindi una struttura tettonica rigida e monumentale, ma un un’architettura mobile, gassosa, quotidiana, che sorregge una copertura di stoffa di forma sferica, sorretta da una struttura leggera, che condividiamo con altri. Mentre alla figura del timpano e della trabeazione, verrà sostituita quella più complessa di una cupola sorretta da una colonna centrale.

Un’architettura temporanea, mobile e condivisa che può essere aperta, chiusa e dismessa in qualunque momento, un’architettura che non legata a forme monumentali, ma quotidiane e antropiche. L’archetipo di un’architettura che chiameremo Architettura Gassosa.

 

Frontespizio del libro “Essai sur l’architecture” (1755) di Marc-Antonie Laugier
Copertina del libro “Architettura Gassosa, per un nuovo realismo critico” (2018) di Emmanuele Lo Giudice

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